Sarcofagi romani

COMUNI dell'UMBRIA:

Archeologia:

Il più straordinario deposito di sarcofagi romani umbri si trova proprio in fase di riutilizzo nella chiesa dell'abbazia di San Pietro in Valle a Ferentillo, che offre un'importante documentazione, non solo per quanto riguarda lo studio settoriale dei manufatti tutti di provenienza urbana ma anche del contesto del loro riutilizzo, ovvero un'antica fondazione monastica, di committenza longobarda, voluta, agli inizi dell'VIII secolo, da Faroaldo II, duca di Spoleto1 I sarcofaci conservati nell'edificio religioso sono 5, uno addossato alla parete sinistra della chiesa, altri tre nei due transetti, e il quinto nella parete destra. Di seguito la descrizione che di essi fa Ansano Fabbi nel suo Antichità Umbre.

Il Sarcofago con 3 barche (cm. 176 X 57 x 49 profondità).
È frammentario, di difficile interpretazione, a scena continua. Sul profilo di Lari e tempietti, sulla riva verdeggiante di palme, sono scolpite tre barche con un rematore e una donna; la seconda barca è aiutata ad approdare da un amorino, nella terza è una danzatrice che suona il cembalo. Sono figurazioni a soggetto mitologico o erotico: argomenti nilotici come in quello del lato destro della prima aula del Museo delle Terme di Diocleziano, ove si scorgono tre barche a vela sul Nilo tra eroti e fanciulle sul profilo di palme e di edifici, figuranti la felicità d'oltretomba. Il fatto di scorgere in ogni barca un rematore e una donna e nella terza un guerriero con la maga rimasta sulla riva, sembra suggerire o il ratto di Proserpina o il Viaggio di Ulisse presso la maga Circe. A meno che non abbia significato generico del viaggio di una donna all'Ade sulla barca di Caronte.

Sarcofago dell'Altare dei SS. Giovanni e Lazzaro. (cm 183 X 48 X 48).
È strigilato con alzata ad L. con al centro, sopra due corni d'abbondanza un clipeo con figura di Rètore o magistrato togato. Al centro dell'alzata è una tabella retta da due lase alate mostrante altro magistrato o filosofo con in mano un « volumen ». Ai lati sono due scene elegantissime: a sinistra una scena conviviale (banchetto funebre), a destra una scena di caccia al cinghiale con tre cavalieri preceduti da un cane in corsa, assai movimentata.

Sarcofago di tipo asiatico C. (cm 210 X 81 X 64).
È il più elegante, secondo la tradizione usato per Faroaldo II, tradizione riferita da dedica sovrastante ripetuta da altra più antica:
FARVALDVS II DVX SPOLETI ET ABBAS XPI / SANCTISSIME INSERVIVIT IN HOC MONASTERIO / SVB REGVLA S. BENEDICTI /OBIIT IN DOMINO XVIII FEBRVARII ANNO DNI DCCXXVIII
Il sarcofago è opera di maestranze asiatiche girovaghe ed "eccelle per qualità e ornato ascrivendosi alla straordinaria classe del tipo Sidamara"2. Sei colonnine tortili sostengono su capitelli corinzi una cornice ad archi ribassati formanti nicchie sul cui basamento sono a grande rilievo 5 statuette mitologiche indicanti generalmente l'amore di due coniugi al pari delle dexterarum junctio sotto Giunone pronuba. Nei pennacchi sono infatti rilevati al centro due coppie di teste in profilo, assai belle, uomo e donna, volti di defunti generici, e nei pennacchi estremi due animali (cane e grifo). Sugli angoli due sfingi alate. Il coperchio è a kline con ante e spioventi, ma di reimpiego. Ai fianchi sono scolpiti due grifi trapezzofori di tipo pompeiano come se ne vedevano nei cartibula dei giardini romani.
In genere il gruppo centrale ad argomento erotico viene identificato per Amore e Psiche e i rimanenti personaggi appartenenti al mito dionisiaco-orgiastico importato dall'Asia e diffusissimo nel mondo romano nel III secolo. La prima statua e quella di un Satiro danzante reggente un nodoso pedum e sul dorso un otre colmo di vino; la seconda statua è una Menade danzante suonatrice di timpano con chiton e velo agitati dal vento, e dopo il gruppo di Amore e Psiche, Dioniso vecchio coperto diagonalmente da nebride (pelle di daino) che doveva recare un grappolo d'uva, e in ultimo a destra Pan saltellante, dalle zampe caprine (considerato compagno di Dioniso) con un serpe uscente dalla cista con cui si divertiva a spaventare i passanti.
Il culto di Dioniso posto nei sarcofagi indicava l'augurio della catarsi e della felicità ultraterrena.
Data la scelta del sarcofago da parte di Duca fattosi monaco e degli stessi monaci, gli antichi vi vedevano forse un significato più consono all'escatologia cristiana, e cioè il mito di Orfeo, (scene orfiche). Il gruppo centrale poteva significare Orfeo ed Euridice che si abbracciano nell'Ade, data la presenza della belva che potrebbe indicare Cerbero. Esso è egualmente consono agli altri personaggi suddetti, e alla scelta a significato soteriologico sia dei pagani che lo commisero che dei cristiani che lo scelsero per la chiesa abbaziale.

Sarcofago strigilato (cm 118 x 55 x 31).
È posto come il precedente nel transetto di destra. La strigilatura è interrotta al centro da un'edicola su due pilastrini scanalati reggenti un timpano arcuato fra due acroterii di palme. Sul trono è lo stesso gruppo del precedente: Amore nudo e Psiche con peplo che si baciano, oppure Orfeo ed Euridice. Ai lati due geni alati con faci capovolte. Il tetto è a pioventi. La destinazione era la medesima, volendo indicare l'amore perenne di due coniugi perfettamente unanimi benemerentcs.

Sarcofago a scena venatoria (cm 214 X 57 X 60).
Il soggetto cinegetico, si svolge come un rito solenne e compassato. Esso era frequente nelle sculture classiche per la rappresentazione mitologica di Meleagro (cinghiale caledonio) e di Artemide protettrice della caccia. Ma nella decadenza dell'Impero, l'iconografia viene adattata a rappresentare la caccia pericolosa a cavallo contro il cinghiale da parte dei nobili e la venatio minor dei villici a piedi per raggiungere il cervo o spingerlo nella rete. Questa duplice scena nobile e popolare, è scolpita nel sarcofago della parete destra a soggetto continuo. Inizia con la profectio del cavallo tratto per le redini, si svolge con la venatio maior al cinghiale e termina con la venatio minor al cervo o antilope spinto nella rete. I personaggi per lo più giovani, dalla leggera lanugine al volto, indossano rozzo chitone appuntato alla spalla da una fibula o stretta ai fianchi, stivaletti venatori (calaci venatici) e si protendono verso il bosco rappresentato da radi alberi. Un giovane cavaliere, figura protettrice del defunto, accorre su scalpitante destriero protetto dalla virtus (personificazione di Artemide) concitata nella corsa con vesti e capelli al vento contro due cinghiali (aper tuscus) raggiunti da un cane e scacciati dalla tana dai battitori con sassi e bastoni. Accorre a difendere un villico già prostrato a terra. Altre belve sono accasciate fra i piedi. Reggendo le redini del cavallo, alza il braccio destro a vibrare la picca contro le fiere. La scena termina con la caccia all'antilope sospinta dai cani tenuti al guinzaglio, verso la rete. Un cervo è già caduto in potere di un cavaliere. Il sarcofago è di accurata esecuzione. Appartiene al III secolo.3
  • 1. Scortecci, D. (2012). I Sarcofagi. Bollettino per i beni culturali dell'Umbria, 10. 157-170.
  • 2. Scortecci, D. op. cit
  • 3. Fabbi, A. (1971). Antichità Umbre. Spoleto: arti grafiche Panetto & Petrelli. pp.245-276.
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